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di Mariavittoria Sennati

Liscio come....l'Olio


Olio extravergine di oliva, per gli amici EVO.. un'eccellenza del panorama ortofrutticolo italiano. Sugli scaffali lo troviamo di tutti i colori e di tutti i prezzi. Come possiamo orientarci? Ci viene in aiuto la normativa italiana che è tra le più severe in materia agroalimentare.

Le indicazioni obbligatorie

In etichetta devono essere riportate le indicazioni obbligatorie previste dal Reg. 1169/2011 (produttore e/o confezionatore, lotto, peso netto, tabella nutrizionale, termine minimo e modalità di conservazione) e accanto alla denominazione di vendita va indicata la categoria merceologica (es: olio extravergine di oliva).

Solo per l'olio EVO è obbligatorio indicare l'origine delle olive; nei prodotti 100% italiani, DOP e IGP si indica anche la regione o la zona e in quelli “protetti” si aggiunge il cultivar, ovvero l'origine botanica dell'oliva. L'Italia ha il patrimonio di cultivar più ricco al mondo con quasi 500 specie di olive diverse. Le più usate sono: leccino, coratina, moraiolo, biancolilla, frantoio, taggiasca, moresca, carolea.

Nell'olio evo non devono essere presenti additivi e nella tabella nutrizionale poniamo attenzione alla percentuale di acidi grassi monoinsaturi: più ne contiene e più incontrerà il nostro favore.

I parametri chimici dell'olio evo

Con una bassa acidità, ricco di pregi organolettici e non sottoposto ad alcun trattamento, è il miglior grasso vegetale sotto tutti i punti di vista: è ricco di antiossidanti, tiene a bada il colesterolo, aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari, ha un alto punto di fumo e per questo rende meno tossiche le nostre fritture.

Esistono norme ferree, comunitarie e nazionali (la famosa legge 9/2013 detta salva-olio) a tutela di questo prodotto nobile e vivo. A differenza del vino, l'olio non migliora con l'invecchiamento, anzi! Le sue caratteristiche deperiscono con l'età e tende ad irrancidire. Per questo motivo, oltre a rispettare una serie di parametri chimici (l'acidità non può superare lo 0,8% ma i migliori hanno un contenuto di acido oleico che va dallo 0,1 e lo 0,3%; il numero dei perossidi deve essere inferiore o uguale a 20; il numero delle cere che indicano la genuinità del prodotto; gli alchil estèri che indicano lo stato di qualità delle olive), è l'unico alimento che per essere classificato merceologicamente deve essere assaggiato: alla prova sensoriale deve risultare privo di difetti organolettici e nel caso può avere flavour ovvero attribuzioni positive al palato.

In etichetta, accanto alla denominazione di vendita “Olio extravergine di oliva” deve essere indicato “Olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici” L'EVO quindi non può essere sottoposto a raffinazione chimica ed è il risultato della prima spremitura delle olive.

L'indicazione di origine e il 100% italiano

A differenza degli altri oli commestibili, l'olio evo deve riportare l'indicazione del paese o dei paesi di origine. Nei prodotti “tradizionali”, non “100% italiano” né “DOP o IGP” non è obbligatoria la notifica dello Stato ma si può scrivere:

  • “miscela di oli di oliva originari della UE” o “prodotto nell'Unione Europea” quando provengono da più Stati comunitari

  • “miscela di oli di oliva non originari della UE” quando provenienti da altri stati come Tunisia o Turchia non appartenenti all'Unione Europea

  • “miscela di oli di oliva originari della UE e non originari dell'Unione” quando si tratta di blend comunitari e non.

E' importante sottolineare che la designazione dell'origine corrisponde all'area geografica in cui le olive sono state raccolte e in cui è situato il frantoio che le ha frante. NON PUO' ESSERE SOSTITUITA DAL PAESE DELL'AZIENDA IMBOTTIGLIATRICE. Ovvero un olio prodotto con olive spagnole e imbottigliato in Italia non può fregiarsi della dicitura “100% italiano” né possono essere inserite nell'etichetta bandiere o altro che facciano presumere l'italianità.

Negli oli DOP e IGP si possono aggiungere, oltre all'origine italiana, la regione e la sottozona di produzione oltre al cultivar.

Come evitare l'olio vecchio”

Fino alla campagna olearia 2015-2016, un olio 100% italiano doveva avere un termine minimo di conservazione di 18 mesi durante i quali il produttore si impegnava a garantire che le qualità organolettiche rimanessero invariate. La norma, giudicata in contrasto con le direttive europee, è stata abrogata e, a garanzia della freschezza dell'EVO tricolore, è stato introdotto l'obbligo di dichiarare in etichetta la campagna olearia di riferimento.

Dal 16 settembre 2016 un olio evo 100% italiano dovrà indicare in etichetta l'anno di produzione. Se leggete 2017/2018 è sicuramente un olio nuovo . L'olio così etichettato può anche essere formato da una miscela, ma tutti gli oli che la compongono devo avere la stessa campagna olearia.

Per gli altri oli (per esempio miscele di paesi comunitari) l'indicazione dell'annata resta facoltativa, anche se diversi produttori la indicano lo stesso.

Proprio perchè l'olio invecchiando peggiora, l'indicazione dell'annata è un aiuto nella scelta delle bottiglie. Se non trovate tale indicazione significa che il prodotto è antecedente all'entrata in vigore della norma e quindi “vecchio” oppure è una miscela di diverse annate e quindi non è possibile indicarla.

La prova di assaggio e i possibili difetti

Per poter essere venduto come Evo, l'olio oltre a rispettare i parametri chimici deve essere assaggiato da commissioni di esperti (panel test) e deve risultare privo di difetti organolettici (la mediana dei difetti deve essere pari a 0) e riportare una serie di attribuzioni positive (la mediana del fruttato deve essere superiore a 0)

Il Panel test, in base al regolamento 2568/1991 e successive modificazioni, è composto da un gruppo di persone opportunamente allenate e preparate all'assaggio degli oli vergini di oliva con il compito di valutare e certificarne i pregi e i difetti: sapore, colore, odore e aspetto. E' una prova che valuta la qualità del prodotto, per nulla soggettiva come si sarebbe indotti a ritenere.

Tutti i difetti possibili (16) sono codificati da detto regolamento che ha introdotto l'obbligatorietà del panel test. Qualche esempio:

  • un difetto di Riscaldo/Morchia è un sapore caratteristico dell'olio ottenuto da olive ammassate o conservate in condizioni tali da aver sofferto un avanzato grado di fermentazione tipo di oli rimasti a contatto con i fanghi di decantazione

  • il Rancido si avverte quando l'olio ha subito un processo ossidativo intenso

  • la Muffa/Umidità è il sapore caratteristico dell'olio prodotto da frutti nei quali si sono sviluppati abbondanti funghi e lieviti per essere rimasti ammassati per molti giorni in ambienti umidi

  • il difetto di Terra è tipico dell'olio ottenuto da olive sporche di terra o infangate e non lavate

  • il senso di Avvinato o Inacetito invece, è causato da un processo di fermentazione delle olive e dai resti di pasta di olive che comporta la formazione di acido acetico o di etanolo

  • il gusto di Cotto o Stracotto si sente quando la pasta di olive o l'olio stesso sono stat riscaldati eccessivamente

  • il gusto Fieno/Legno invece indica olive frante troppo secche

  • il gusto Legno Umido proviene da olive che hanno patito una gelata sull'albero

Quanto deve costare?

Abituati a prodotti in offerta a 4 / 5 euro e addirittura alcuni a 3 euro, la domanda davanti allo scaffale del supermercato sorge spontanea: che razza di olio evo potrà essere mai?

L'extravergine di ottima qualità, spiegano gli esperti, non può costare al consumatore finale meno di 8-9 euro al litro, salvo promozioni commerciali, mentre in frantoio, per quanto dipenda dall'annata, può salire a 10-12 euro.

E se il prezzo precipita a 4 euro cosa portiamo a casa? Un prodotto border line, ovvero un prodotto magari in bilico sui limiti chimici di legge ma di sicuro non di qualità.

Estratto a freddo, fruttato, con bassa acidità, non filtrato.. i claim per attirare la clientela

Tra i claim commerciali autorizzati per l'extravergine c'è l'indicazione “estratto a freddo” ( sono ammesse anche “prodotto/ottenuto a freddo”) o “prima spremitura a freddo”.

La prima dicitura significa che l'olio è ottenuto a meno di 27°C con un processo di percolazione o centrifugazione della pasta di olive. Nel secondo caso invece, il prodotto è ottenuto con una prima spremitura meccanica a meno di 27°C con un sistema di estrazione di tipo tradizionale con presse idrauliche.

Diciamolo chiaramente: sono indicazioni superate dal tempo. Venti, trenta anni fa la consuetudine dei produttori era quella di scaldare molto la pasta di olive (35°C e oltre) prima di effettuare l'estrazione. Con la ricerca della massima qualità, le abitudini sono cambiate e oggi e raro trovare frantoi che lavorano con temperature sopra i 30°C. Quindi indicare “a freddo” non ha più gran senso visto che sono tutti ottenuti mediante questa tecnica.

Un olio evo, dopo che è stato accertato alla prova assaggio può essere contraddistinto come “Fruttato”, “Amaro”, “Piccante”. Solo nel primo caso i produttori tendono a “strillarlo” sulle confezioni. Tuttavia queste attribuzioni hanno poco senso. Un olio per essere classificato extravergine deve riportare una serie di attribuzioni positive: la mediana del fruttato deve essere superiore a 0. Quindi ogni olio in realtà è fruttato.

Poi possiamo trovare un extravergine con “bassa acidità”. In questo caso se si indica in etichetta un valore inferiore a quello di legge (0,8%), per esempio un 0,3%, questo deve essere garantito fino alla scadenza del prodotto. Il produttore può tutelarsi aggiungendo la dicitura “ al momento del "confezionamento” ma in questo caso l'acidità non dovrà raggiungere valore superiore allo 0,8% durante tutta la validità del prodotto.

Non sempre il “non filtrato” è meglio. Questa attribuzione ha importanza solo se si compra l'olio fresco, cioè direttamente dal frantoio.

Il “Non filtrato” è una indicazione commerciale che identifica un prodotto che contiene minuscole particelle di oliva (polpa e nòcciolo) e per questo è da preferire sotto il profilo nutrizionale. Tuttavia la presenza di queste “impurità” favorisce una degradazione organolettica più veloce del prodotto. In sostanza: ha più nutrienti ma va consumato prima.

Gli esperti spiegano che dal momento della spremitura (attenzione! Non dell'imbottigliamento che può avvenire anche diversi mesi dopo) per consumare un olio non filtrato non devono passare più di 5 – 6 mesi. Questo può accadere se acquistiamo in frantoio un extravergine non filtrato. Ma se lo acquistiamo su uno scaffale non possiamo sapere da quanti mesi è stato prodotto, anche se l'anno di produzione può aiutare.

Fonte: Tratto da "E facile fare la spesa se sai leggere l'etichetta" Enrico Cinotti New Compton Editore

Testo di Mariavittoria Sennati

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