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Immagine del redattoreCucinedalMondo5

Siena: dal diario di un viaggiatore


Lewis era arrivato nella città che aveva sognato da sempre. Ottenuta la promozione da poco , il suo giornale a Londra gli aveva assegnato questo prestigioso incarico: scrivere delle belle città europee ed italiane. Aveva preparato accuratamente la sua valigia ed ovviamente la sua macchina fotografica. Il viaggio era stato lungo ma una volta giunto a destinazione si respirava già un’aria che sapeva di storia, di arte, di emozioni. Il suo piccolo hotel in posizione centrale lo aveva accolto calorosamente e, dietro una piccola mancia, il responsabile ricevimento ospiti gli aveva assegnato una camera con la vista perfetta, sul centro storico della bella Siena: da lì avrebbe raccontato la sua storia. Non doveva che iniziare e questo sarebbe stato dopo un vero autentico caffè italiano, tanto decantato ed a ragione.

Così, sorseggiando e fantasticando, mentre il sole scendeva recando ombre nei vicoli stretti, ecco che tutto intorno si animava. Si trovava nella città del famoso Palio, del buon cibo e del buon bere; in quell’insieme perfetto di architettoniche bellezze che inalterate nei secoli la avevano raccontata. Adagiata tra le colline morbide e sinuose, qui il tempo pareva essersi fermato nel duecento, quando Siena vide crescere il suo potere, adornandosi di opere prime che il mondo all’Italia invidiava. Circondata da mura solide aveva mantenuto il suo potenziale ben difeso ed inalterato quindi nel tempo, tanto da arrivare fino ai suoi occhi.

Decise così di lasciare distrattamente il suo caffè al davanzale e di uscire a vedere cotanta magnificenza. Due passi non avrebbero certo compromesso il suo stato di stanchezza. L’uscere gli indicò la strada per la piazza principale e così, poco dopo, il varco si aprì: si aprì sulla Piazza del Campo. Fino al 1270 quello spazio era stato dedicato alle fiere ed ai mercati poiché il centro nevralgico urbano era spostato altrove. Fu con il governo dei 9 che quella piazza iniziò a prendere “consistenza” e forma: poi nel 1310, quando il Palazzo Pubblico fu terminato ed il governo si spostò al suo interno, anche lo spazio antistante venne migliorato, compresa la sua pavimentazione che recava 9 spicchi tanti quanto erano i governanti.

Circondata da magnifici palazzi dove il laterizio rosso ed i toni dei rosa si alternavano in giochi cromatici ben bilanciati ed assemblati, a Lewis questo luogo dava vibrazioni e sensazioni magiche. Come d’incanto la sua immaginazione la riempì di cavalli e contrade, di bandiere e folla agitata che assisteva alla famosa giostra equestre del Palio! Un evento che aveva sentito raccontare tante volte e che vedeva protagonisti cavalli e cavalieri.

La forma perfetta di questa piazza ed il suo leggero inclino verso la Fonte Gaia non facevano che esaltare ciò che l’occhio vedeva svettare: la Torre del Mangia, là con i suoi 102 metri che si buttavano verso il cielo, come a creare una magica connessione tra beni terreni e paradiso; il Duomo, splendido, faceva da contrappeso e poi sì, camminando a ruota libera un infinito numero di chiese e bei palazzi che dovevano avere visto nel tempo tutta quella quotidianità, quelle evoluzioni e quei declini.

Decise che si sarebbe fermato a scattare qualche foto: la luce era perfetta, il sole calava piano e così la magia sarebbe avvenuta: visi sfuggenti, mattoni e marmi pregiati, gente comune che correva da un lato all’altro. Lasciò la folla e camminando iniziò ad addentrarsi tra le vie meno conosciute, dove la gente vive il “normale” incedere.

Al balcone, nei cortili interni, qualcuno aperto e qualcuno no, tutti armeggiavano perché l’ora della cena si avvicinava e nelle vie si sprigionava un allettante profumo di zuppe e verdure. Entrò così in un’osteria e decise di ordinarne una : l’oste gli raccontò che in quella terra affascinante e così ricca di materie prime e delizie, la zuppa, antico piatto di origine contadina, aveva assunto connotati interessanti ed infinite declinazioni.

Il nostro viaggiatore si lasciò così consigliare ed il nome certo lo aveva attratto di molto: “ Prenderò una zuppa senese” - disse all’oste. Aspettando il vino perfetto da sorseggiare Lewis si sentiva il protagonista di un quadro : chissà cosa avrebbero dato oltralpe per potere godere di tanto. Era una sera tranquilla e l’oste si accomodò accanto a lui: in forma amichevole versò due coppe di un vino rosso rubino ed esortò il viaggiatore a deliziarsi: “ in questo calice sentirai tutta la bellezza che sprigiona la nostra terra, inspira profondamente con le tue narici l’aroma e poi sorseggia temporeggiando un attimo fugace sulle tue papille. Il vino per noi italiani è un’esperienza sensoriale ”.

Lewis rimase affascinato da come l’oste orgoglioso proponeva il suo sapere. Gli raccontò della antica tradizione culinaria: di come ad oggi molti piatti arrivati ai commensali fossero stati creati alle corti dei nobili e dei potentati reggenti, quando l’opulenza era padrona. Questo fu anche un modo però per accrescere il senso della cucina del quotidiano, giacchè gli avanzi che la nobiltà scartava e giammai riutilizzava, venivano poi usati dagli allora chiamati servi.Così nacquero molti piatti, tra cui, per esempio le zuppe: il pane raffermo bagnato nei brodi diventava cibo ed energia sulle tavole e questa tradizione, piano piano, aveva esaltato anche questa cucina povera, facendola diventare protagonista assoluta anche nei ristoranti più importanti.

Lewis ascoltava estasiato e nel contempo quel bicchiere di chianti dal color rosso rubino e dal sapore intenso, preparava il suo palato al divenire prossimo. Il chianti era forse un nettare degli dei rubato per lui? Un vino decisamente nobile, di antica tradizione, invecchiato in botti, sulle colline dove il microclima favoriva la crescita delle uve che lo componevano: già si immaginava filari e filari ordinati che al sole maturavano e sprigionavano profumi; già vedeva le mani sapienti del contadino che vendemmiava, che assaggiava, che scartava, che raccoglieva il supremo frutto padre e madre del vino migliore.

In quell’istante della fantasia padrone l’ora della cena era giunta: l’oste arrivò con la zuppa ed avendo preso in simpatia assai il nostro Lewis , imbandì il tavolo di molte prelibatezze del luogo che raccontavano questa città nelle sue più antiche tradizioni. Crostini di pane conditi con crema di fegatini, bruschette agliate ed aromatizzate alle erbe; perfetti entrambe per antecedere la calda zuppa. E poi ancora un ricco piatto di fagioli all’uccelletto ed una tagliata di manzo che avrebbe fatto rinvenire una dama per il suo profumo e la sua freschezza. Che dire? Lewis si rifocillò a dovere ed inebriato dal vino e da cotanta bontà ed abbondanza, pago il suo conto. Ringraziò l’oste per la sua gentilezza e disponibilità e, canticchiando un brano blues nella sua mente, si avviò verso il suo piccolo hotel.

Era notte: le stelle brillavano e la luce della luna illuminava la strada; ispirato scrisse la sua storia di questa città antica e delle sue meravigliose vie e piazze; raccontò dei 9 spicchi, raccontò del cibo, del vino e del bravo oste. Il sonno iniziava a far capolino e così si coricò pensando a Jule, la sua amata che lo attendeva oltre il mare. Lei avrebbe si goduto ugualmente di tanta bellezza e forse un giorno, dopo il loro matrimonio, lo avrebbe accompagnato in un viaggio così bello! Si, dopo il matrimonio certo e chissà quanto stupore nei suoi occhi a tanta vista! Lewis, pensando a Jule fu colto da Morfeo; la luce si spense piano, la finestra aperta faceva correre la brezza della notte e la penna si adagiò. Siena lo abbracciava e questo ora bastava.

LA ZUPPA SENESE

Ecco la ricetta della nostra Mariavittoria Sennati: per tutti coloro che volessero provare a realizzarla!

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