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di Mariavittoria Sennati

Ferrara la Ricca


La mia passione verso le ricette tradizionali, più conosciute o meno, non va mai in vacanza; anzi è proprio durante le vacanze che esplode in tutta la sua potenza, spingendomi a cercare, nelle città che visito, i locali più tipici, quelli magari meno raffinati, ma che “a naso” mi diano la sensazione di “essere nel posto giusto”.

Fu così che, durante la mia “Tre giorni” a Ferrara in occasione del Palio di Maggio, visitai la “Osteria del Tasso” e mi fermai per due volte ad assaggiare la sua cucina.

Mi colpirono le proposte del menu, scritto a mano su carta paglia. Piatti strettamente tradizionali, alcuni a me proprio sconosciuti, spiegati magistralmente dal cameriere e preparati con perizia e amore dallo Chef Alessio Carlini .

Ho assaggiato gli immancabili cappellacci di zucca conditi semplicemente con burro e salvia; il sontuoso pasticcio ferrarese in versione salata, il delizioso somarino con polenta, davvero impagabile e una vera rarità, mai sentita prima, il budino del vescovo, direttamente da un antico libro di ricette, che non ha nulla a che vedere con le ricette che si possono trovare cercando on line.

I cappellacci di zucca sono il piatto tipico della cucina ferrarese.

La prima ricetta scritta dei cappellacci di zucca risale al 1584 ed è di G.Battista Rossetti, cuoco della Corte di Alfonso II d'Este, che la pubblica nella sua opera “Dello Scalco".

Da allora ad oggi la ricetta è cambiata radicalmente. Prima nel ripieno, in puro stile rinascimentale, si trovavano anche zenzero e cannella e poi con l’andare del tempo i cappellacci sono diventati ricetta popolare: oggi rimane solo la noce moscata come spezia a ricordo di quel passato aristocratico. Il nome cappellacci, caplaz in dialetto, deriva dal cappello di paglia a tesa larga dei contadini, non dimentichiamoci che per secoli la zucca è stata la principale fonte di sostentamento nelle campagne. Si servono in due versioni: con burro e salvia e una spolverata ancora di noce moscata oppure con ottimo ragù di carne.

Il Pasticcio Ferrarese è un timballo di pasta condita in vario modo, racchiuso da una crosta di pasta frolla dolce oppure di pasta sfoglia salata. Io conoscevo la versione dolce; all'Osteria del Tasso ho assaggiato quella con la sfoglia salata: buonissima.

È un piatto delle feste, molto elaborato e pieno di ingredienti di lusso. La pietanza infatti, era in qualche modo appannaggio delle classi nobili e dei cittadini più abbienti. Essa risale al Quattrocento, periodo d’oro della città, quando Ferrara era governata dai Duchi d’Este. In origine il pasticcio veniva preparato per il martedì grasso, festa nella quale tutti i ferraresi, nobili, religiosi, borghesi e popolino si concedevano cibi più ricchi del solito prima del lungo periodo di quaresima. Ha origini antiche ed è un piatto tipicamente invernale anche se adesso si trova facilmente durante tutto l’anno non solo in quasi tutti i ristoranti di Ferrara, ma in quasi tutte le pasticcerie, accanto alle paste salate. Le versioni sono infinite: si può trovare con la pasta brisè dolce o con la pasta sfoglia salata, condito con il ragù di vitello e maiale, con quello di salsiccia e prosciutto, con i fegatini di pollo, e condito anche con il sugo di piccione.

Ma i piatti che mi hanno davvero emozionato sono stati il somarino con polenta e il budino del vescovo.

Il somarino, come si intuisce dal nome, è uno stufato di asino reso morbidissimo e saporito da una lunga e sapiente marinatura e cottura. Me ne sono talmente innamorata che sono andata in cucina a farmi spiegare il procedimento direttamente dallo Chef Alessio: la carne di asino viene tagliata a pezzi e marinata da 24 a 36 ore in vino (buono) e spezie, sedano, carota e cipolla. Successivamente viene scolato e ben asciugato (tutto il resto si butta); si fanno rosolare nuovi odori e si aggiunge la carne. Ancora una bella girata di vino rosso e poi polpa di pomodoro. Coprire e lasciare cuocere molto a lungo, anche quattro ore, si deve tagliare con la forchetta.

Il budino del vescovo è una ricetta “dimenticata”. Non l'ho trovata da nessuna parte. E anche all'osteria ho avuto difficoltà ad assaggiarla e lo Chef lo ha preparato apposta per noi., dopo che ci impegnammo a tornare.

E' un budino di cioccolato con uvetta, e viene servito affogato nell'amaretto. Purtroppo non sono riuscita ad ottenere la ricetta, ma dovessi tornare a Ferrara sicuramente passerò dal “Tasso” per salutare Alessio e mangiarlo di nuovo .

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